con la lingua tra le più belle (e ricche, dal punto di vista del peso culturale) al mondo, ci ritroviamo a fare i conti con sigle, acronimi e termini mal coniati, di un inglese a volte pessimo a volte inventato di sana pianta
quattro lettere in croce in fondo al nome di un modello di automobile, perchè mai si devono pronunciare “ti-di-si-ai” (TDCI)
nell’ambito web dove lavoro, poi, spopola il “ci-gi-ai”, che è una mala-lettura di CGI
ascoltando gli spot radiofonici (cito quelli perchè sui televisivi non ho abbastanza campioni) la percentuale di parole pseudo-inglesi è altissima, è anche lì sono storpiature, sia come pronuncia che come significato
ci dimentichiamo l’italiano, e ci mettiamo in bocca un “non-inglese”… diciamo che un nuovo “tecno-volgare” – che stavolta non parte dalla letteratura toscana – sta insinuandosi nella nostra povertà espressiva