liberi cantieri di sbarrax
su: 'Vuoti a perdere'
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caro sasaki, pur non essendo milanese, ma attraversando milano parecchie volte nel mio cammino, mi trovo a condividere quella tristezza e quel senso di vuoto, quando mi trovo nella tua città

mia nonna (piacentina) mi raccontava che, quando andava a milano (50 anni fà), respirava fermento e vedeva sorrisi appassionati sui volti della gente

ora, io non vedo altro che rughe, rughe che segnano non solo i visi degli attempati ma anche le menti dei più giovani

suo marito (mio nonno) che ha lavorato a milano come violoncellista (prima all’orchestra della Rai e poi alla Scala), ha visto cambiare (impoverendosi) la città nell’arco di trent’anni, più nelle parole della gente che nei mutamenti urbani

infine, mio padre (così concludo il siparietto famigliare), a suo tempo fotografo-pubblicitario studente, in quella città, mi ha insegnato che se guardare avanti è importante, lo è ancora di più fermarsi a guardare indietro e poi alzare la testa verso l’alto, verso i cornicioni, le finestre e più in là i comignoli, e cercare gli angoli e i pavimenti delle strade a cui non avevi prestato attenzione, perchè è nei dettagli che scopri la natura di chi costruisce e vive un posto

tutto questo secondo me è tempo perso per troppi milanesi che spesso conoscono la città solo come un contenitore di oggetti a loro utili, e non come un bene comune

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