Stasera ho voluto andare fuori e percorrere alcune strade, vecchie ma rinnovate, che ora vedono facce nuove e sconosciute, ma una volta erano le strade dove ero di casa.
Non ho infatti cercato i visi e i segnali di una volta, son solo passato a constatare “il cambiamento“. Così come quei posti sono cambiati, sono cambiato anche io, e i percorsi che ho attraversato mi portano a considerare che “non sono rimasto fermo!“, nonostante non abbia certamente fatto cose eclatanti o compiuto atti eroici. Ma se guardo indietro, posso essere soddisfatto e anche sorpreso di quello che ho avuto la fortuna, la gioia, e a volte la fatica, di fare.
Perché sono uno di quei poveri illusi che pensa “siamo ciò che costruiamo“, ma più dal punto di vista di un mutuo ventennale, che da quello di un muratore bergamasco che tiri su una casa dal nulla in due giorni.
Ciò che usiamo, i mezzi (gli “strumenti”) sono espressione di noi stessi, non sono quindi poi una cosa secondaria, perché sono frutto dell’intelligenza collettiva e/o individuale e quindi ci aiutano a costruire.
Quindi siamo noi.
Sillogismo faticoso, lo so. Anche un po’ forzato.
Ma è la conclusione che mi spinge a non accettare che l’impegno di oggi, di ieri e di domani, per il Software Libero sia, in fondo, una perdita di tempo, una lotta persa in partenza per qualcosa che con la libertà non ha a che fare per nulla.
Il fattore Libertà è sottratto paradossalmente proprio da molti cosidetti “geek” che preferiscono litigare su uno strumento di sviluppo o su quanto sia “figo” il sistema di pacchettizzazione della propria distribuzione preferita, quando poi non si accorgono veramente che sono discorsi “del menga”; non si accorgono che sono sempre tra loro quattro gatti, sempre i soliti quattro sfigati che litigheranno, mentre il resto del mondo si brasa i neuroni (e si fuma la propria libertà d’informazione e di azione) con il solito software di controllo mentale proprietario.
Il fattore Libertà è umiliato spesso da ingegneri informatici (o pseudo-tali) che hanno come primaria occupazione il cercare di non perdere la pagnotta, ottenendo il favore dei superiori adottando software “gratuito” (e magari, quando capita, confezionando obrobri spacciati per “multipiattaforma”), ma che non hanno la più pallida idea di cosa significhi sviluppare e distribuire software libero (anche dal punto di vista giuridico-legale) e se ne fregano di portare il dovuto rispetto verso gli autori di tale software.
Il fattore Libertà è pressoché ignorato da dirigenti e dagli appartenenti alla categoria di coloro che “fanno il mercato”.
Sono quasi portato a dire che sia giusto.
Perché, se è vero il Software Libero può contribuire, per la sua natura tecnica e giuridica, a un accrescimento potenziale della concorrenza e allo sviluppo di un mercato più libero
, se non lavoriamo a livello politico e sociale, rischiamo (e qui sono d’accordo con te, Valerio) di trovare un domani il Software Libero stesso, imbrigliato in logiche di lobby e poteri forti, tanto quanto l’attuale sw proprietario attualmente in circolazione. E` uno scenario che non possiamo escludere a priori.
Il fattore Libertà è ancora troppo misconosciuto dai politici e dalla gente, ed è quello l’ambito in cui c’è da lavorare.
Non torno indietro, anche se la strada in questi giorni, sento che è in salita.