Fino a qualche tempo fà – diciamo un anno mezzo o due – era la Mandrake.
Ora è la Ubuntu.
Non sto tanto parlando della distribuzione GNU/Linux da me scelta personalmente.
O meglio: la mia scelta è conseguenza delle considerazioni che faccio.
Sto parlando di un sistema operativo libero – il cui confezionamento e l’infrastruttura sono, in entrambi i casi da me citati, finanziati e curati da un’azienda col supporto di una community – per il quale l’obiettivo principale è raggiungere il maggior numero di utenti e risultare come “facile” da installare, usare e aggiornare.
Non è un caso che la scelta mia, ricalchi bene o male il trend mondiale degli utilizzatori di s.o. liberi, dal momento che non ho la capacità né la voglia di fare il “geek” masochista a casa, dopo aver passato magari dieci ore in ufficio dietro a paranoie pseudo-tecnologiche.
Mandrake è stata la prima (e per molto tempo, la migliore) ad aver colto le esigenze di un’utenza novizia o pigra, pur andando incontro a numerosi problemi e ad “amnesie” di metodo, ma certamente portando avanti di molto quello che è il baricentro di amichevolezza e usabilità di un sistema operativo sviluppato originariamente con zero sensibilità verso le utenze “non-tecniche”.
Ubuntu fa qualcosa di diverso e soppianta Mandrake; utilizza Debian come base tecnologica, “umanizzandola” e rendendola digeribile alla massa, aiutata dai (tanti) soldi di Shuttleworth e da un marketing penetrante.
Masse informi di puristi, sadomasochisti, folli tecnocrati (o aspiranti tali), hanno insultato entrambe queste due distribuzioni, visto loro come “fumo negli occhi”, denigrate come collettori putridi di bachi (come se al mondo gli altri sistemi operativi fossero esenti da bug…), tacciate di essere “troppo simili a windows”.
Altre schiere dicono di continuare a preferire quel s.o. proprietario, perché tanto “non cambia molto ma a windows ci sono abituato”.
In tutta questa aria fritta che non ho più voglia di stare a sentire, viene sempre e comunque dimenticata la libertà che sta dietro al messaggio di chi, come Stallman, vuole diffondere il Software Libero, non una tecnologia migliore.
Arrivare a invidie, antipatie, litigi, giudizi affrettati, lotte di religione, su una distribuzione, dimenticandosi il fine principale, è una di quelle cose nauseanti che mi stacca sempre di più da qualunque dibattito tecnico.
Fermo restando che anche la Ubuntu stessa ha dei difettucci tutti suoi, ancora duri a sparire (mi viene in mente il file ~/.ICEauthority
saltuariamente sputtanato o la configurazione delle rotte, che a volte mi impedisce di uscire dal router su Internet, visto che ci sono due default route
diverse che naturalmente conducono all’oblìo dei pacchetti…).
Non chiedetemi dunque più il “sesso degli angeli” su questa o quella pacchettizzazione.
Ci sono scelte che si fanno per motivi politici, pratici, produttivi.
Ubuntu è una scelta in tal senso.
Anche ai debianisti “puri” o bsdisti o gomorristi, i miei migliori auguri di buone feste.
Come a tutti gli altri, quelli “normali”… che magari possano essere pure eula-esenti.