Sabato scorso, per mantener fede a un impegno preso (già per la seconda settimana di fila), ho passato un’atipica, quanto convulsa, giornata con Valerio e <ironic>senza nessun kernel hacker (forse erano tutti impegnati a scrivere gratuitamente driver per la causa)</ironic>
, a scaricare monitor nel centro di Milano, a due passi dal Duomo, tra gli sguardi increduli e un po’ spocchiosi dei passanti assai “posh” (e pure troppo etcì).
Dita e parole corrono veloci, quando si tratta di scrivere email promettenti o dichiarare entusiastici “si va avanti!“, il problema è che dietro queste frasi dall’impostazione impersonale si cela spesso la verità di qualcosa abbandonato a sè stesso (alla spera-in-dio) fin dal principio, e destinato molto probabilmente all’oblìo e al dimenticatoio delle belle promesse teoriche.
Considerando il fuggi fuggi generale di fronte a un impegno “dell’associazione”, e il fatto che nè io nè Valerio facciamo i traslocatori di hardware di mestiere, in due ce la siamo cavata anche egregiamente, direi.
La beffa è che nessuno si è degnato di chiedere niente, di offrire un aiuto post-trasloco, niente di niente, insomma. La parola “grazie” poi non è nel dizionario, anzi, sono pronto a giurare che c’è qualcuno pure che ha storto il naso perchè non gli ho portato i monitor sotto casa.
La sera prima, vino e parole, scorrevano a fiumi, alla cena “penta lug” (#1 #2 #3 #4 #5 #6)… si è parlato anche di recupero hardware; il mattino dopo evidentemente c’era ancora bisogno di molta riflessione, visto che il panorama degli “attivisti piacentini” offriva più che altro gelido deserto.
Andate avanti voi, che a me scappa da ridere (almeno per ora).
Dimenticavo io, un grazie doveroso (oltre alla promessa della tessera rinnovata gratuitamente), a Valerio, per la sua gentilezza, efficienza, disponibilità, e a sua mamma, per la cortesia e per la trippa che era squisita.
Alla fine che le persone che vogliono, fanno.
Tutto il resto è apparenza.