capita di ricevere in regalo, dal flusso del tempo che scorre – perchè sì, l’ho già detto, non credo in quella cosa chiamata “destino” – un pacco dono
un pacco di quella semplicità che trasforma due giorni in un incanto, in un incanto semplice, appunto
quando perfino i mestieri di casa sussurrano sorrisi e gioia
e mangiare coi genitori di entrambi, in successione, cucinando sè stessi, un po’ di pasta e un po’ di pesce
e rivedere una tavolata con amici e parenti, una tavolata di serenità, fatta di sorrisi, salumi piacentini, lasagne
e correr poi a farsi una biciclettata, andandosi a respirare la campagna concimata, sassolini di sole su strade contorte degli antichi confini contadini, la faccia rossa di sudore e di baci spediti sull’onda del vento spostato dai manubri e sibilante nei capelli
salutata nel tardo pomeriggio mia nonna, che ha bisogno più che mai di visi e di parole, la giornata poi è scivolata verso un sorriso altrettanto semplice, di stupore
stupore verso un mondo che ci abitua a cercare la felicità in progetti complicati, resi anche complessi dall’accatastarsi di circostanze in cui non ci sappiamo gestire, in cui non sappiamo magari stare a galla
questa semplicità mi è rimasta dentro, come uno dei castelli più belli che abbia mai visto