Il confronto tra la normalità di questa scena, e la follia di stanotte. Una città che adoriamo, mia moglie e io. Una città che è qui, poco distante dai nostri confini, non è un deserto da bombardare o una metropoli di cui abbattere i grattacieli simbolo. È la follia che si avvicina alla normalità anche nostra, dove nostra non è in chiave nazionale, ma è proprio a pochi gradi di separazione da me, sempre meno.
Prendersela con una religione o una razza è il comodo e rassicurante esercizio già in pratica delle menti a corto raggio.
Aspettiamo ancora di essere protetti da un’entità superiore, da uno stato, da una intelligence…? La sicurezza totale non esiste, ci diciamo, quindi ci arrendiamo di fronte allo sgretolamento della normalità a cura di invasati suicidi?
Cambiano le modalità degli attacchi e siamo sempre impreparati, vulnerabili. Non siamo in una guerra formale, eppure la morte violenta ci tocca sempre più da vicino. E chissà se la prossima volta non sarà in Italia, ormai è troppo tempo che ci viene detto e non accade. Il punto è che non abbiamo ancora capito un cazzo, me compreso, e magari dovremmo capire cosa spinge delle persone come noi, non dei militari o dei mercenari di chissà chi, a uccidere e uccidersi in questo modo. Mica banale.