Ho passato varie fasi nella vita, dal punto di vista dell’ascolto della musica, condizionate solo a fasi alterne dalle “mode”.
Già da embrione nell’utero della madre sentivo Pink Floyd e abbondante progressive rock (inclusi i Pooh degli albori).
Poi tanta radio e quindi pop degli anni 1980 fino ai 14 anni, con l’inserto estivo di musica classica ascoltata nelle estati meranesi in cui ascoltavo suonare mio nonno violoncellista.
Terza media e il boom di jovanotti con il suo hip pop casereccio. Fase breve, che lascia presto il posto al più forte impatto di certo rock: quello dei Dire Straits, di cui arrivo a conoscere a memoria tutti i testi. Ancora oggi Telegraph Road mi fa venire i brividi. Qualche passaggio di hard rock financo al metal, e poi quel boom in cui tutti diventavano dal nulla appassionati dei Queen giusto per moda.
Sui 19 arriva un’altra fase, dapprima una contaminazione da Tiziano che mi fa vedere The Commitments: R&B e Soul music diventano la colonna sonora di parecchi anni, anche grazie a Radio Capital di quegli anni (Area Protetta in primis).
Poi la parentesi dei mesi a Londra, dove ascoltai musica barocca alla Royal Albert Hall insieme a una amica di mia zia, che ricordo con affetto.
E poi…
La scoperta dell’Opera che avevo colpevolmente ignorato fin a quel momento fu una piacevole sorpresa.
Tutte queste fasi e questi generi fanno parte di me in egual misura e credo di non essere annoiato da alcuno di essi (forse toh la mia tolleranza non è altissima su “trap” e canti gregoriani, ma non è detto).
L’importante è ascoltare qualcosa, perché la musica ci migliora la vita.