1) stragi, scontro tra civiltà di diverse cultura e religione, guerre di interessi strategico-economici e terrorismo, globalizzazione.
2) persone (di cui bambini, tanti) morte atrocemente, dittature che crollano e altre che restano, soprusi evidenti ed opprimenti oppure nascosti nelle pieghe di una quotidianità aliena, ma non per questo meno opprimenti.
che differenza c’è tra il blocco (1) e il blocco (2): solo il punto di osservazione.
la storia ha registrato eventi di magnitudo ben superiore nei secoli passati, eppure il nostro modo di vivere queste realtà, attraverso l’attuale mercato dell’informazione (perchè alla fine di un mercato si tratta), rende tutto spettacolare e completa la nostra esistenza, piatta e osmoticamente dispersa in un individualismo vuoto e farlocco; ora che non siamo più direttamente sottoposti a guerre, rivoluzioni culturali e/o di costume, epurazioni più o meno esaustive di classi politiche corrotte fino all’osso, in che cosa crede il popolino italiano? di che cosa si interessa, si nutre?
si nutre di quello che il suddetto mercato le propina (e se non è il berlusconi di oggi, si chiama murdoch, e domani come si chiamerà… ?)
le minoranze di chi ha una fede religiosa (o politico/ideologica) autentica si trovano comunque tutte davanti al televisore, unite ai ‘miscredenti’, davanti all’oracolo comune di educazione popolare (e la carta stampata ne ricalca i passi, posando i piedi nelle grosse orme lasciate dai teleimbonitori dei cugini dell’etere).
Rifiuto – come un terreno arido che non riesce ad assorbire più l’acqua che cade dal cielo – di assimilare e discutere ciò che tale mercato dell’informazione mi vorrebbe propinare, indipendentemente dal colore rosso o nero o bianco col quale è superficialmente marchiato.
Non sono disposto ad accettare che le vite stroncate da un terrorista (sia esso un ceceno piuttosto che un fioravanti o un battisti: rimangono allo stesso modo assassini di gente inerme ed innocente, quali altre balle ci vogliamo ricamare intorno?) valgano di più o di meno di quelle di migliaia di vittime in bangladesh o delle vittime di guerre dai più ignorate che si combattono in africa (e non solo).
nell’economia di un giornale radio nazionale, di mezz’ora, stasera, puoi trovare nei titoli una manciata di notizie definite come più importanti (‘headlines‘): se ascolti, sentirai che il disturbo alla caviglia di totti merita lo stesso spazio della strage in ossezia e della presunta cattura del numero due di saddam.
è questo modo “un tanto al chilo” di vendere l’informazione ai suoi consumatori, sempre più rimbecilliti, che rifiuto (condivido, in proposito, anche la ricetta di anton).
tra l’altro, non temo il confronto di idee, ma temo che di idee in giro ce ne siano sempre meno e che quelle che circolano anche nel cosiddetto ‘popolo della rete’ siano sempre più omologate: ma è mai possibile che tra il vacuum mentale, di stampo cabarettistico-berlusconiano, e l’antimateria di sinistra, non esista più niente che sappia far sentire la propria voce? quel timido pensiero liberal che faceva capolino tra una lista bonino e l’altra, tra l’attivismo e la reale attività di chi sa prima capire e poi agire, che fine ha fatto?
infine, lia, mi chiedo: è veramente utile rincorrere le parole in svendita, siano esse di mauro o di mentana, per finire anche noi nel mercato rionale della banalità fatta notizia?
evidentemente sì: è questo mercato che ce lo impone…
a quando potremo dirci utilizzatori pensanti anzichè consumatori passivi?
Non credo di aver capito la domanda: io non rincorro parole in svendita. Mi è solo capitato di consultare uno dei principali quotidiani italiani e di esprimere le mie considerazioni in proposito.
Una fa quello che può.