liberi cantieri di sbarrax
fiumi di parole
fiumi di parole

fiumi di parole

proprio ieri, passeggiando per lodi al ‘borgo adda’, riflettevo che una città che non vive e non rispetta il fiume che la lambisce probabilmente non ha un grande rispetto dei propri cittadini, dal punto di vista non solo ambientale ma anche sociale e culturale, mancando quindi di una propria identità caratteristica.
piacenza, per esempio, sfrutta il po come serbatoio d’acqua per due cementifici, una centrale ad oli combustibili e varie fabbriche di lavorazioni plastiche; ma non presenta un lungo-fiume degno di questo nome, e ormai risalgono a più di cinquant’anni fà gli ultimi ‘bagni sul po’.
a cremona, ovvero lo stesso fiume venti chilometri a valle, c’è un modo di interpretare e di vivere il fiume completamente diverso, che la dice lunga su come i cremonesi siano delle persone socialmente ‘migliori’ dei piacentini.
anticamente, le città sorgevano sui fiumi non solo per l’approvvigionamento idrico e per il deflusso delle acque ‘nere’, ma perchè da esso traevano tutto ciò che le faceva vivere.

oggi la notizia: a milano – vergogna del nord-italia da questo punto di vista – sono finalmente attivi entrambi i depuratori che dovrebbero garantire alle acque di Olona e Lambro e relativi collettori di tirare un sospiro di sollievo (e di conseguenza il marcescente fiume po).
sono ancora in via sperimentale, e dovrebbero entrare a regime con l’arrivo dell’inverno.

piacenza, come milano, è stata capace solo di contribuire alla morte del po, dimenticandosi ciò che questo fiume le ha permesso di diventare.
popolazione dalla memoria corta, come le ‘braccine’ che ha.

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